Giornalismo d’Assalto : Un Inviato del Los Angeles Times In Afghanistan Racconta La Sua Esperienza Sotto I Talebani
Senza dubbio il racconto di una fighetta, o giornalista moderno…
Poi sono scoppiati gli spari e la folla ha iniziato a disperdersi. Il corpulento combattente si voltò per vedere il trambusto. Ho cercato di allontanarmi lentamente, ed è stato allora che si è girato e mi ha sferrato un enorme colpo che mi ha buttato a terra. I miei occhiali sono volati via dalla mia faccia.
Lo vedevo stringere più forte il suo Kalashnikov e provavo un’intensa paura. L’omone continuava a urlare. La cosa migliore che potevo fare era cercare di ridurre l’escalation. Alzai la mano e gli dissi: “Per favore, non farci del male. Siamo giornalisti, siamo stranieri». Continuavamo a dire: “Siamo media. Ci è permesso lavorare”.
In quel momento, i membri delle forze speciali talebane – un’unità chiamata 313 Badri – si sono presentati per sgombrare la piazza da eventuali manifestanti rimasti. Hanno marciato proprio davanti a noi. Con il combattente talebano ancora in piedi sopra di noi, ho dovuto combattere ogni istinto del mio corpo per non alzare la telecamera e scattare una foto della scena.
I miei pensieri erano in un vortice. Mi sentivo disorientato; mi pulsava la testa. Ma la mia mente correva tra le opzioni per uscire da questa situazione senza più violenza.
Poi, una sorpresa: il talebano armato di radio ha rivelato di essere in grado di parlare e capire l’inglese. Ha insistito per cancellare le immagini di quello che era appena successo. Abbiamo ripetuto che eravamo giornalisti, che stavamo documentando la notizia.
Radio Taliban, come avevo cominciato a pensare a lui, aveva ormai deciso di trattarci molto meglio. Ha iniziato a chiederci come ci sentivamo, se avevamo bisogno di andare in ospedale. Ha suggerito di portarci in un luogo più sicuro, che mi è sembrato una parola in codice per indicare la detenzione. Quindi abbiamo rifiutato e chiesto gentilmente di poter tornare nei nostri uffici. Continuando a parlare, ci spostò fuori dal sole cocente in un angolo ombreggiato, chiedendoci per chi lavoravamo.
Dopo aver nominato le nostre pubblicazioni, la sua espressione è cambiata.
Si è scusato profusamente per i nostri problemi, ma non per averci picchiato. Sono diventati solleciti: ognuno di noi ha portato una bottiglia di acqua fredda e una lattina di bevanda Monster Energy, una delle preferite dai soldati statunitensi che controllavano la città fino a pochi giorni fa.
Radio Taliban ci ha chiesto: “Per favore, potresti dirmi chi ti ha colpito? Lo cattureremo e lo puniremo”. Ho guardato il mio collega incredulo.
Era una scena surreale. Il giorno prima ero stato a una conferenza stampa in cui i talebani avevano promesso un futuro migliore, una stampa libera. Continuavamo a ripetere che dovevamo tornare alla sicurezza dei nostri uffici.
Il nostro rapitore ha chiesto un numero di telefono per il nostro autista. Invece, ho tirato fuori un telefono prepagato e ho chiamato il mio autista, poi ho passato il telefono al combattente talebano. Si sono coordinati, come persone che organizzano un appuntamento per un caffè, e dopo pochi minuti siamo stati scortati al nostro veicolo.
Yam:

Che fighetta…temeva di essere rapito e stuprato.
Ora qualcuno mi vorrebbe venire a dire: i talebani avrebbero fatto la stessa cosa con te. Probabile ma al contrario di Yam avrei fatto portare in ginocchio il barbaro e gli avrei fatto leccare le mie scarpe, ed al contempo avrei chiesto udienza al Gran Consiglio.
In questi giorni, e ore, stiamo avendo contatti frenetici nel nostro network per trovare un accordo con l’Emirato, e diventare i suoi portavoce, o ufficio stampa esteri.
Asymetrics era un contractor in Afghanistan. Costruivano reti per providers. Ed ora che non siamo più sotto il gioco tedesco possiamo usufruire dei nostri ex comuni affiliati..Frank.
Comunque, quando c’e’ la fine di una guerra…bisogna sempre saltare sulla..macchinina del vincitore..
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